LA GRANDE GUERRA
Come in ogni guerra, l’inflazione fa la propria apparizione e si riflette anche sulle tariffe postali.
All’inizio del conflitto, l’Italia mantenne il prezzo di vendita a 30c.
Negli anni del conflitto il prezzo di vendita fu modificato più volte, ma con decorrenze che non è stato possibile stabilire con certezza per mancanza di documentazione ufficiale
e per scarsità del materiale a disposizione.
Inizialmente il nominale fu elevato a 40 centesimi, successivamente a 60,
fu riportato nuovamente a 40.
Le variazioni tariffarie furono realizzate con stampigliatura in rosso, che è quella più diffusa,
ma anche con timbri di gomma di fatture diverse, con matite copiative o con numeratori.
Frequentemente le soprastampe si presentano sovrapposte.
Fino al 1916 certamente il prezzo di vendita resta invariato.
Nel 1918 la tariffa risulta essere stata elevata a 60 centesimi.
Gli esemplari precedentemente stampigliati 40 centesimi,
vengono ulteriormente modificati con stampigliature diverse.
Bologna 25 luglio 1916
Firenze 26 luglio 1918
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Genova 19 Agosto 1918 Milano 23 Dicembre 1918
In una data imprecisata tra la fine del 1918 ed il 1919
la tariffa è stata ridotta nuovamente a 40 centesimi.
Palermo 26 maggio 1919
Le disposizioni sulla sospensione della vendita dei coupons sono contenute al § 81
dell’Indicatore dei Servizi Postali del Regno d’Italia del 1920.
Il testo da cui si evince la sospensione, tuttavia, è realizzata con una rettifica che è stata applicata certamente mesi dopo, lasciando illeggibile il testo sottostante.
Vercelli 16 aprile 1920